lunedì 15 luglio 2013

cpjt








6 commenti:

  1. Questioni comuni a tutti i progetti
    La proposta soffre di un'eccessiva preoccupazione verso il riempimento funzionale dell'immobile. Stando alla storia del manufatto il problema del suo effettivo recupero non è legato alla mancata individuazione di una possibile nuova destinazione. Certo la precisazione del programma funzionare può aiutare il progetto ma non è il progetto.
    In generale la proposta non ragiona sul paradosso vincolo/abbandono, non insiste sul possibile processo che può portare ad una nuova trasformazione. Se l'immobile dovesse essere venduto chi lo dovrebbe acquistare e perchè? La proposta ipotizza un unico proprietaro, questo è oggi credibile? Com'è cambiata oggi la questione del recupero di un manufatto vincolato e al tempo stesso banale rispetto ad un tempo in cui sarebbe stato tutto più semplice e in cui comunque questo recupero non è avvenuto? Perchè la questione funzionale supera la questione architettonica? Forse nell'architettura stessa, e non nella sua posizione urbana, ci sono alcune delle motivazioni del suo abbandono, come ad esempio la sua uniformità, la "grande" (grande oggi) dimensione, l'impegno della gestione da parte di un unico soggetto di una struttura non piccola.
    In sintesi mentre lo scenario economico è mutato non è cambiato però il modo di sviluppare un progetto di recupero, su questo dovrebbe ragionare la proposta.

    In merito a questo progetto
    L'arte è sempre stata un buon vettore della trasformazione ma deve essere nella condizione di agire. L'arte potrebbe mettersi a servizio delle ditte pescaresi e viceversa, attraverso un accordo di mutuo soccorso una potrebbe usare i materiali dell'altra per fare del progetto di recupero del manufatto un collage di opere d'arte. La ristrutturazione è l'opera d'arte stessa. Le residenze d'artista, pagate dalle ditte, potrebbero essere gli avamposti all'interno dell'architettura da cui partono le azioni di trasformazione in direzioni differenti per dar luogo a un insieme di luoghi diversamente caratterizzati e che attendono anche diversi proprietari.

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  2. Rimando in toto a quanto scritto nel commento al primo progetto valido per tutti.
    Di seguito alcuni link di recuperi di edifici attraverso iniziative partecipate d'arte e dintorni:
    http://inter-accions.org/recerca
    http://entrepont.net/index.php/projets-commun

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  3. https://www.dropbox.com/sh/j30yh6shfh9ylso/YK8WnUDTKh/Consegna%20ZERO%20-%20AU#f:cpjt.jpg

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  4. Per tutti i gruppi i miei commenti saranno organizzati in 4 punti, gli stessi che sono esplicitati nelle richieste del bando.

    a. relazione: Si tratta di Pescara, non di Perugia. Per il resto mi sembra chiara, anche se forse un po’ troppo descrittiva.
    b. programma di rivitalizzazione: io specificherei meglio la proposta struttrando, ad esempio, una sorta di “cronoprogramma tipo”
    c. materiali urbani: nel vostri caso farei una lettura urbana più approfondita non solo sull’offerta di servizi agli studenti (e quindi no limitandomi a segnare l’università, ma anche i luoghi maggiormente frequentati nelle diverse stagioni) ma anche sui luoghi dove si organizzano eventi ed attività artistiche (vedi museo Vittoria Colonna, Villa Mercurio, gallerie d’arte etc.)
    d. materiali progettuali: penso che l’idea del non finito che traspare dai vostri fotomontaggi possa essere vincente se diventa strumento progettuale e finanziario per la realizzazione della proposta.

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  5. cpjt

    Come per altri si dà troppa importanza ad inserire funzione in spazi senza considerare la qualità degli spazi, la relazione tra le diverse funzioni e manca una vera e propria azione progettuale. Ragionerei meno strettamente sulle funzioni e più sugli spazi e sul progetto in generale. Le vision mi sembrano interessanti per questa fase e penso siano quelle che raccontano meglio il vostro lavoro.

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  6. Riporto una parte dei commenti fatti per il gruppo MT2P. La chiarezza e l'essenzialità del programma funzionale dovrebbero diventare una potenzialità del progetto e invece finiscono per banalizzare l'intervento perché eliminano la necessità di immaginare una strategia proponendo già una soluzione formale. Sebbene, quindi, possa essere interessante perseguire la monofunzionalità è necessario comunque capire quali altri servizi, complementari allo studentato, possono essere offerti dalla città facendo un ragionamento sulla prossimità e l'accessibilità degli stessi. Il contesto urbano dovrebbe, inoltre, riuscire a influire sul progetto soprattutto del piano terra che dovrebbe risentire dei percorsi e dei flussi attraverso, per esempio, una maggiore permeabilità.
    Per quanto riguarda il progetto in stile Palais de Tokyo di Lacaton & Vassal - e di molti altri sulla scia di questo - la logica del "non intervento" ha una sua estetica che deve essere esplicitata e non può ridursi a riportare la realtà tal qual è. Consiste in interventi mirati e minimali che riescono a rendere nuovamente funzionali strutture ormai obsolete e in disuso. In un progetto che si ispira a questo approccio non è possibile ometterne la rappresentazione.

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